30/04/07

Riccardo Cavallo: GIORNALINO DI POESIA ASSOLUTA. Prolegomeno rococò#1

Dertritte grimm- demoiselles d' honneur- hommage à w s burroughs- di' a laura che l'amo- il biglietto che è esploso p.49-succhiata attraverso i genitali perlacei donna su dalla sua grande doccia di sperma- anelli di diamanti spruzzano fuori da te- dovrebbe essere tenuto a mente- corpi eiaculati senza una copertina-
questo va tenuto a memoria nel volo di questa voce nel fiotto stellato che solo il buio può svelare celandosi esso nella luce
che lo nasconde flessuosissimamente amplessandosi movimenti

innumeri di steli senza numero ondeggianti fruscio di frasche e fogliame serpi come collari di
cigno e urobori dentro all’esistenza che è tutto uno spruzzare di schizzi e zampilli rifluire di lettere segni e suoni in sé stessi pseudonimi di vuoto e silenzio segue allegato





Jean-Antoine Watteau - Le jugement de Pâris (Il giudizio di Paride) - 1720
Paris - Musée du Louvre

26/04/07

Greta Rosso: Il nome della cosa (la cosa senza nome) A una doppiatrice di Ingrid Bergman

è costato molto arrivare quassù
lui si occupa di battute (un settore in forte crescita)
"oh, guarda, la tua maschera è caduta"
ho detto autostrada, intendevo strada
la luce è abbacinante c'è latte grigio nel brillio dei nostri occhi
(chiusi)
alla domanda "le piace Brahms?"
dovremmo tutti accertarci di non saper rispondere.

Quindi documentarci.

25/04/07

Greta Rosso: Distico per mezzo di separazioni


Corpo uno: monologo
Non ti commuove l'asse centrale
attorno al quale ruota la mia bocca?
A turno, vedo, le parole ti presentano:
a- le parti ruvide del mio carattere, come l'associazione
tra gomito e stanchezza
b- le parti morbide del mio carattere, come l'associazione
tra spalle e stanchezza
e dovresti scegliere, ma resti incastonata
in uno scarto di tempo che non ti prende
attiva, nè capace, solo altrove.

Corpo due: in piedi
L'indiscutibile fascino del triangolo scaleno è
confinato a un'atmosfera canfora da preadolescenza.
Rimanemmo ore ad ammirare i lati iniqui
e il loro netto imporsi sui campi innevati.
Le orde barbariche sfuggivano il loro destino
e il vate, io no, non l'avrei mai baciato.
Solo la flora e la fauna
non hanno avuto ripercussioni.
Come allora alzo mura
quando non voglio ascoltare.

24/04/07

Riccardo Cavallo: Premessa ad ALINA_Madri e ad A


.veniamo ad antigone, che sia la tua versione posthuman o quella capace di amare e lasciarsi amare che kierkegaard sognava in aut aut, a condizione di mantenere segreti il proprio nome e identità. o a slavoj zizek che seguendo l’interpretazione lacaniana di Sofocle colloca soggetti quali appunto antigone re lear etc fuori dalle orbite del sociosimbolico, dei patti di fondazione del politico in quanto ciclo[auto] distruttivo

La tragedia è tutta nei nomi,e qui il mutare dei nomi racchiude fors’anche qualcosa in più;la bambola rotta e quel che c’è dentro –né può attribuirsi al caso la scelta di nomi propri che si pongono come il negativo di ogni pensabile categoria di classicità.Foglio strappato a
Glas,opera che per l’occasione rendo quasi anonima,dato il regime d’antigenere epistolare entro il quale si giocano “testi” e “commenti”:
La grande posta in gioco del discorso-dico bene discorso-letterario:la trasformazione paziente,ingegnosa,quasi animale o vegetale,infaticabile,monumentale,derisoria o piuttosto rivolta alla derisione,del proprio nome proprio,rebus,in cose,in nomi di cose.La cosa sarebbe qui lo specchio da cui prende avvio il canto,il calore(o colore n.d.r) di un aspetto che si arrapa (qui se bande) in un nome-


Laura Silvestri: ALINA_Madri (dall'Antigone)


ALINA Madri. Eravamo. Illuminate dal figlio nella corsa. Sprofondate nei lucidi capelli della figlia.. Forse è colpa, quel cieco confidare nelle carni dei nati. Meglio strapparseli di dosso in tempo. Svuotarsi.

INGA Ora ti do ragione, Alina, questo tuo parlare, benché dissennato, va dentro alla cosa, preciso. Perché non si era visto ancora un mondo, un posto fottuto dentro al mondo, dove fosse sventura il partorire, e danno feroce ogni minuto passato a far crescere corpi, lisciando e modellando come piccole sculture, annaffiando come fossero erbe e piante, un luogo maledetto dove rimpiangere di non esserci sepolte in fretta, ai nostri giorni di ragazze. Sotto metri di terra bagnata bisognava andare, che nessun gesto di uomo ci sfiorasse il ventre. Donne stupide e cieche. Pensare di vivere per sempre nei figli ingrossati. Nessuno ci aveva avvertito? Nessun delirio di madre accecata ci era stato raccontato? O non doveva forse circolarci nel sangue inplacabile, non detto, senza voce, eppure così familiare. Bastava voltare la testa. Madri davvero idiote, per non voler ricordare ciò che il tempo ha ammassato. E come se non bastasse, eccola qui, la piccola bastarda, ciò che resta di chissà quale innesto, incrocio allucinato, fecondazione di macchine e bestie, eccola che arriva con la sua pancia sformata, cigolante. Ma guardati, animale, cos'è questo ventre rigonfio, questo finto bagaglio che nascondi sotto le vesti? Cosa credi di riempire, che meccanismi agitare in quel tuo utero disseccato prima del tempo... credi forse di pompare sangue e aria e luci dal mondo? E' per questo che ti gonfi, perché il vuoto delle viscere non t'inghiotta, per questo vai in giro a disfare le carni degli altri? Ecco le nuove madri, con facce da bambine e corpi dilatati e sonanti.Ma il tuo feto è freddo come un inverno senza fine che uccide le pianure e brucia per sempre le gemme. Il tuo feto ti gela la vagina, piccola puttana. Ma sia, Aspetteremo con te il tuo parto mostruoso. Ci va di assisterti, sai?

A. Vado ai miei. Una folla. Ci vado con questa pancia posticcia. E allora? Purtroppo per voi c'è un'altra versione. Dei fatti. Generare rivolta. Sedizione. Mi farò trasparente e svuotata, andrò leggera in stretto dialogo con me sola, e gli altri miei che già fanno cerchio, in attesa. Prima, però, sarò l'assalto che vi secca la gola, sarò il travaglio e la gola che vi spezza, vi atterra.

LANA Strana, la ragazza. Prima sussurra invasata, come l'eroe che cade ma non sa, come uno che raccoglie sulle spalle destini implacabili, oscuri. E subito dopo alza la voce, arrogante, e gira gli occhi intorno come un uomo che si è armato. Non voglio più sentirla. Facciamola tacere, cuciamo quella bocca.

INGA Avremo tempo, dopo. Adesso invece mi va di ascoltare. In fondo la nuova versione è più comprensibile, come un suono che richiama un altro e gli si affianca. La piccola va in giro con questa sua pancia piena di biglie e bulloni, si muove sferragliando. Peggio che un uomo, un mostro. Diamole il tempo di sentire sulla lingua il gusto di tutto quel metallo mentre ancora s'illude di poterci minacciare.

ALINA Un'innamorata dei morti, odiosa al mondo delle madri

A. L'hai detto. Mi ripugna questo vostro piagnisteo, questo affondare i piedi nella terra biascicando preghiere. Non sono più miei docilità e lamento, vado sola all'azione, al linciaggio. Se devo oppormi, che sia almeno senza ritorno il mio oltraggio alle misere leggi. Dissolversi. Diventare invisibile. Che nessuno possa trovare di me una traccia, un residuo. L'impronta di un lontano passaggio tra i vivi. L'hai detto, non verranno figli dal mio ventre. Ho corpo nuovo, mai visto, di questo avete paura, donne immiserite e senza fantasia. Ho una morbidezza, qua sotto la gonna, che esplode e s'indura, ho schegge e frammenti d'acciaio per un combattimento che neanche i vostri uomini saprebbero osare. Non padre. Non madre. Non fratello. Non figli a venire. Io ora sono madre, e figlio, e fratello, io lo specchio. Io il parto sanguinoso e imprevedibile. C'è giustizia. Infine.

LANA Eccola che ricomincia.

Laura Silvestri: A (dall'Antigone)



A. Una macchina guasta? Un corpo meccanico, ai vostri occhi allibiti? Corpo grottesco, vi dite. Perché allora non portarmi in corteo per le vie della città, esposta in una gabbia, come fossi un nano, una donna barbuta, un freak di un circo di passaggio accampato in periferia... Ma la macchina funziona. A dovere. E' corpo bruciante, esplosivo, è macchina da guerra che inghiotte il mondo e si fa beffe di voi. Non m'importa cosa farete dei frammenti di me, in che dimora trasparente andranno a rifugiarsi, nonostante voi. M'importa la battaglia. L'inutile dispendio. Vi ucciderò con le parole e con questa risata d'eccesso che vi getto addosso come fiamma. Con queste mie braccia ora levate e scoperte, denudate. Vi offro queste braccia. Come un danzatore o un acrobata vi lancio questa sfida e la battaglia avrà la grazia acuminata di un passaggio sulla corda tesa, come lama di coltello, o il segnale di un polso rovesciato nella presa. Esponetemi agli sguardi, se ne siete capaci. Sono la vostra basilissa, la vostra piccola regina. Non vedete questa macchia bianca sulla fronte, e la bella coda che mi esce zigzagando da sotto la gonna? Ma attenzione a non incrociare il mio sguardo. E soprattutto, guai al mio respiro, alle porte, alle feritoie che dalla mia pelle liberano venti e virus che spezzano le rocce. Farò nuotare il mio corpo sui fossati neri di pioggia e peserà meno di un soffio o di un canto nevoso o di fragili sculture che si sfaldano in una sola notte come gesso o ferro rarefatto.

Inga Regina dei corvi e delle cagne. Regina senza altezze e sommità, schiacciata al suolo nero. E' abietto il tuo delirare e per giunta qui, davanti a queste tombe ancora scoperchiate. Lì dentro ti voglio vedere, affondata nel fango. Seppellirai tu i nostri figli, carni infelici, carni da nascondere all'inferno degli umani, e poi, solo alla fine, ti scaverai un'inutile fossa. Inutile perché, lo sai, noi tutte ormai siamo qui per lo spettacolo, il gran botto, e i tuoi infiniti frammenti vogliamo vederli disperdersi al vento che spazza la terra fradicia come coriandoli di questo nostro lurido precoce carnevale. Sarà quella, se vuoi, la tua danza. Quanto agli occhi, li posso fissare fin da ora, vedi, e mi sembrano solo piccoli spilli opachi, minuscole paludi senza trasparenza. Non scorgo niente, là in fondo, regina fredda e nera, né il gesto del tuo polso o un tuo passo sospeso ricordano feste di seduzione. O sbaglio, donne? Ci vedete una danza, in questo suo gravido barcollare? Vi turba la sua caviglia regale? Vi fanno paura i suoi occhi? E' certo parte della pazzia che ci ha invaso che noi si ascolti questo delirio superbo. Altro ha da discutere questo tribunale, piuttosto. Qualcuna di voi chiede un'altra sorte per la macchina guasta e lorda, per la piccola bastarda?

14/04/07

Riccardo Cavallo: Premessa a L

Le poche parole che qui si premettono come introduzione al testo antigoneo di Laura Silvestri altro non sono che ritagli da un flusso epistolare intercorrente fra chi scrive e l’autrice:Dal romanzo canti di lontananza pubblicato per i tipi di Palomar due anni orsono al trittico(anti )narrativo qui proposto,questa è passata a proposte drammaturgie e tragediografiche che hanno del suicidarlo sia su un totalmente ipotetico versante teatrale che su uno,di fatto come qui sui generis editoriale.E’-se si può dire,di antigenere che si tratta:Le coordinate della crisi sono abbozzate nel paragrafo sottostante.

Quanto al romanzo,in angelus novus:

Il romanzo attesta ed esprime il più profondo disorientamento del vivente>

Scrivere un romanzo significa esasperare l’incommensurabile nella rappresentazione della vita umana>

Il luogo di nascita del romanzo è l’individuo nel suo isolamento che non è più in grado di

esprimersi nelle questioni di maggior peso e che lo riguardano più da vicino,è egli stesso senza consiglio e non può darne ad altri.>

Laura Silvestri: L (dall'Antigone)

I. ...ogni parte del tuo corpo avrà i segni del disastro, dell'inutile catastrofe, le braccia, le dita, il tuo ventre che già si sta sfacendo, le ginocchia, i piedi che male ti hanno condotto, lasciando tracce di sangue al tuo passaggio. Conta bene, ti dico, di quante immonde parti è composto il tuo corpo, perché alla fine del lavoro ben poco di te resterà. E prega che qualche brandello possa un giorno trovare sepoltura, che qualcuno dei tuoi vivi ti venga a reclamare

A. Sepoltura... Ne abbiamo. Di cattive morti. Senza rito. Senza saluto. Mi avessero lasciato qualcosa. Ungere il petto, le cosce, i calcagni martoriati. Fare stoffe di corteccia. Scavare nelle radici aeree di grandi alberi un letto oscillante, vegetale e puro. Mi avessero lasciato almeno le ossa, per lavarle nell'acqua tiepida. Nella cenere calda tracciare il disegno del volto. Dare. Il sonno. Pace.

L. Guarda che belle parole ti escono adesso. Pace. Ma lì, nella tua bocca nera, e
come un soffio di lebbra, inarrestabile, mortifera. E' meglio per te se non la ripeti, qui, in mezzo a noi. Un fiato osceno, impronunciabile, ha spazzato le nostre strade, dilagando, oltre finestre sigillate, e blindature, e crepe. La nostra pace è un'infinita bruna combustione. Il nostro sonno vive di macabri balli, scomposti, di un infinito spalancare bocche, sospesi nel vuoto. Ma lo sai che la città è piena di banchetti, davanti alle porte delle case, ovunque mense funebri, come se nessuno ormai potesse più vivere dentro le stanze... (...) Che dici, ti basta, o hai bisogno di altri dettagli, porzioni di orrore?

A. Nessun legame, ormai. Non potremo ricostruire. Come dire. Spiegare. Come
una straniera. Come un parlare di spettro. Se chiedono di A. dite che l'avete vista andare verso. Vado ai miei

I. Ehi, piccola bestia, attenta a parlare di parentele. Potrebbe costarti caro...(...)

11/04/07

Riccardo Cavallo: Prolegomeni a un rococò

La figura genuflessa qua nel talamo dell’ade di meissen meclemburgo locmaria o qui nel portico di cuneo offre nude le piante dei piedi e l’ingresso al fondoschiena per cui vivere non è più pena appena fasciata di celestiale azzurro di porcellana nella modulazione rococò di non altro che siano bellezza e speranza congiunte

Riccardo Cavallo: Cartolina a Circe

sia data una circe una porcara nell’ora della siesta

capace d’essere maiala in motivi fallofloreali

una casa lingua aperta su tutti i canali da ricondurre incantagioni e ritorno ancora alle consolazioni della filosofia negli angoli bui entro cui la vita recita sé stessa vale a dire che da sé si recita il chissachè ed il costruirsi di frasi così,fra le quali che nessuno uscirà vivo di qui,un volume che tutti li racchiude,come questo foglio che forse non è neppure un foglio

Della composizione


gli stessi lineamenti umani - un particolare ingrandito - il mutamento è uno soltanto - identico - ancor prima di saperlo - solo cornici o montature - anch’esse parte di un viaggio - quel disegno col pesce al centro si può manovrare su diversi registri - parlati - a tratti - completati - fin dal titolo - scritto ancora prima di scrivere - un oggetto che tuttavia eccede come pezzo di composizione - esposizione - parlando darsi torto - lettere - incipit già scritti - corpi tirati a secco - cosa accade quando un plus valore si dissolve - offerta agonistica che specula su un meccanismo di cui l’autore è solo strumento - poi l’epilogo - per uniche straordinarie avanguardie - righe apparenti - appartenenti - semplici - tirate delle righe - per meccanismo interposto - sopra - il discorso - corpo estraneo di una parola di una didascalia di un altro ritratto - domanda che può essere ripetuta - pista - grafo o traccia - costretti alla chiacchiera - due pagine unite tra di loro - zoo - un’ultima parola - poi - la firma - anch’essa tronca - dal suolo - da un abisso - emergono pezzi di parole da continuare all’infinito - dislocate - dissociate - disunite - sfalsate - interrompere la struttura di manutenzione del testo - un autoritratto - altra strana manifattura inganna l’osservatore invertendo l’orientamento delle mani - in ritardo sul culmine del testo - esibirlo come altro ma senza conclusione apparente - tirato soltanto un filo a riprodurre sullo sfondo una scena una sola volta - un ritaglio - cucito - ricomposto - penetrato - come una narrazione che può svolgersi - tutto funziona - o comincia a funzionare - quasi spontaneamente - dalla manoscrittura le limitazioni del ritmo della scrittura e perfino - qui calcolata - della cancellazione - descrivere chiaramente non può bastare - dopo averlo messo in trappola - il testo - dopo avergli messo il morso - valutare l’economia dei mezzi - per esempio - amati a parole ingannati ancora - in altra lingua - fatto d’esprimere trame nel corso d’una programmatica formale - non proprio una identità - paradosso che assorbe lo spazio della voce in mezzo a mutilazioni - a testualità prive di mondi che - nondimeno - riguardano l’autore - una teoria del ritratto - la forma - il chiasmo - il colore non detto non parlato - eseguito - di colpo - a blocco dentro o fuori la lingua - assomiglia ancora a un grido informe - a una protesi aggressiva destrutturata sui due lati di una linea di frattura - nel culto del ricordo i tratti procedono a scosse - la mano ripiegata - la testa inclinata - le dita a sostegno d’un minimo moto - un testo senza più ombra di cosa in sé - a contatto con quello che incide - che attua ai limiti - sulle linee di struttura - di scontro